La musica, evasione del cuore
“So solo andare a tempo col cuore che ho, al ritmo che so”. Era il 1987 e la PFM cantava la disperata ricerca di tempo, un tempo non solo materiale (per fare o da dedicare), ma soprattutto un tempo interiore, una regolarità del cuore e dei sentimenti. Oggi, Franco Mussida, fondatore e storico chitarrista della band, è tornato ad occuparsi di chi, tenuto lontano dalla frenesia quotidiana da pesanti porte di ferro, ha, quasi per ironia, un lungo tempo di cui disporre: i carcerati.
Il suo è un ritorno perché già nel ’93 Franco varcava le soglie di un istituto penitenziario, quello di Poggioreale, in veste di “educatore con la chitarra”, come lui stesso si definisce in un’intervista rilasciata al Corriere della sera. Non solo. Per 15 anni ha frequentato le comunità di recupero per tossicodipendenti di Opera e San Vittore, di cui anche noi in parte ci siamo occupati in occasione dell’intervista a Maria Teresa Tramontin, direttrice del coro del Reparto di Trattamento Avanzato “La Nave”.
“L’uomo emette di giorno, come le piante di notte, un suo invisibile veleno, un’anidride carbonica fatta dei peggiori umori e sentimenti spesso repressi.”
Mussida, su richiesta di Gino Paoli, allora ancora Presidente della SIAE, è rientrato tre anni fa in quel mondo con l’intento di portare letteralmente una boccata di ossigeno. Il suo progetto si chiama infatti CO2 perché, spiega, “l’uomo emette di giorno, come le piante di notte, un suo invisibile veleno, un’anidride carbonica fatta dei peggiori umori e sentimenti spesso repressi. […] In carcere è impossibile respirare l’aria dei boschi, dei giardini, farsi bagnare la faccia dalla pioggia, ritemprarsi fiduciosi al sole; lì dentro si respira solo l’alito del compagno, del vicino, carico dei suoi odori e dei suoi dolori. Lì dentro si coltiva una sorta di CO2 emotiva fatta di risentimento e di odio.”
Spesso il solo sforzo intellettuale di rielaborazione non è sufficiente a gestire la tempesta emotiva che, se repressa o mal indirizzata, rischia di vanificare gli sforzi di operatori e volontari di coltivare qualche seme di positività. Da qui nasce quindi l’idea di utilizzare la musica, cui fin dall’antichità veniva riconosciuta la capacità di guidare l’ethos, per dirlo con le parole di Pitagora, ovvero l’umore, lo stato d’animo e infine il comportamento di chi l’ascoltava.
Le differenti melodie educano il sentire, ma come ogni processo educativo necessitano di tempo, di gradualità. Per questo il progetto CO2 è stato pensato come un percorso di tre anni: con il contributo organizzativo del CPM Music Institute, quello finanziario di SIAE e grazie al lavoro di psicologi, sociologi e programmatori software dell’Università di Pavia, si produrranno dei dati che ci si augura possano ulteriormente provare l’importanza della musica in questo tipo di processi di recupero. La sperimentazione ha previsto una raccolta preliminare di brani strumentali suggeriti da musicisti del calibro di Paolo Fresu, Stefano Bollani, Roberto Vecchioni, Manuel Agnelli e Mango che hanno messo a disposizione la loro sensibilità artistica associando ogni pezzo all’emozione provata ascoltandolo. Ogni brano è quindi catalogato con: Nome di chi suggerisce, Titolo, Autore, Formazione che lo esegue, Area di genere a cui appartiene e stato d’animo prevalente. Le emozioni in cui è divisa l’audioteca così formata sono 9 principali e 18 relative.
Mentre un numero ristretto di detenuti (una decina) è stato coinvolto direttamente nello studio dei ricercatori, numerose attività sono state organizzate per coinvolgere tutti i carcerati dei reparti in cui sono state installate le stazioni d’ascolto: corsi di formazione per l’uso autonomo del software e corsi di ascolto educato alla musica con un musicista (due ore a settimana), per un totale di 25 musicisti coinvolti in quattro carceri (Monza, Opera (Milano) e Secondigliano (Napoli), reparti media sicurezza, e la sezione femminile di Rebibbia (Roma). Da giugno di quest’anno, a seguito della presentazione dei dati in un convegno internazionale promosso dall’Università di Pavia dal titolo “Le chiavi nascoste della musica”, le audioteche saranno aperte alla consultazione di tutta la comunità dei detenuti in un sistema che prevede di ampliare la rete a tanti altri istituti.
I generi musicali toccati dal progetto, che ha omesso brani cantanti per far sì che le parole non impedissero la totale immedesimazione delle persone coinvolte, sono i più svariati: “La malinconia evocata da una ballad dei Metallica è esattamente quella che qualcuno può ritrovare nel Notturno di Chopin. Ma non c’è solo la malinconia – racconta ancora Mussida – c’è tutta la gamma dei nostri sentimenti: immensi territori da frequentare con cui confrontarsi. C’è da fare un pieno di energie senza bisogno di allenarsi correndo per chilometri, ascoltando Hendrix, Weather Report o il Giulietta e Romeo di Prokofiev, Wagner. C’è da confrontarsi con le proprie diverse inquietudini facendosi guidare dalla delicatezza di Monk, o ascoltando la colonna sonora che Piersanti ha scritto per il Commissario Montalbano. O rilassarsi, consolarsi con la musica di tante etnie, magari dall’India.”
Si creano così legami che oltrepassano i limiti stabiliti dal “dentro” e dal “fuori”. Dentro e fuori dal carcere, dentro e fuori di sé si ridisegnano infatti secondo nuovi ritmi. Il tempo dedicato alla musica, se orientato con metodo, diventa un tempo “che riempie, ritempra, rende più consapevoli dei valori della nostra natura interiore, favorendo la stabilità emotiva individuale e una maggiore possibilità di reinserimento per chi tornerà libero nella società cosiddetta civile.”¹ Questa è l’eredità che il progetto mira a lasciare a tutti gli operatori che si relazionano quotidianamente con i carcerati, dalla direzione alle guardie penitenziarie. Un ruolo di rilievo spetta anche al Ministero della Giustizia, tra i promotori dell’iniziativa, che ci si augura possa rendere presto questo tipo di percorso una prassi.
“La genialità dei musicisti di tutte le epoche, di tutti gli stili, potrà così essere goduta anche in quei luoghi in cui l’unica libertà che non deve essere assolutamente persa è quella del sentire del cuore.”
Il prossimo obiettivo che l’équipe di CO2 si è prefissato è quello di ampliare, tra il 2016 e il 2017, la rete di audioteche per coinvolgere altre 25 strutture e aumentare il numero di brani dagli attuali 1.300 a circa 20mila. Per raggiungere questo scopo Franco Mussida è recentemente intervenuto alla presentazione, organizzata in occasione del Festival di Sanremo, del libro che raccoglie la produzione letteraria del cantautore Mango, per chiedere ai suoi colleghi di “regalare” dei brani alle carceri suggerendoli tramite il sito di CO2: “La genialità dei musicisti di tutte le epoche, di tutti gli stili, potrà così essere goduta anche in quei luoghi in cui l’unica libertà che non deve essere assolutamente persa è quella del sentire del cuore.”²
Noi di Koral, nel nostro piccolo, non possiamo che unirci a questo appello.