“Tutti dovrebbero cantare” parola di Eric Whitacre

Posted by in Coro, Internazionale, Stonati

Eric Whitacre, giovane compositore e direttore di coro originario degli States, ha iniziato a far parlare di sé quando è riuscito a rendere di nuovo attraente il cantare in coro agli occhi del grande pubblico. Come ci è riuscito? Sfruttando le opportunità offerte da YouTube, grazie al quale ha potuto dare vita a numerosi “Virtual Choir” (Cori Virtuali). Per capire meglio di cosa si tratta vi rimandiamo all’intervento, sottotitolato in italiano, da lui tenuto ad una TED (Technology Entertainment Design) Conference nel 2011, in cui spiega come è nata l’idea di mettere insieme voci da tutto il mondo sfruttando il potere di internet. Tutto in meno di 15 minuti, non avete scuse!

Ma ciò che letteralmente muove Eric Whitacre e che è alla base di tutti  i suoi progetti è la convinzione, generata dalla sua personalissima esperienza, che tutti dovrebbero cantare in coro. E siccome questa è l’idea che ha dato vita anche a questo blog, abbiamo deciso di tradurre in italiano un’intervista da lui rilasciata al sito inglese Sinfini Music, piattaforma dedicata agli appassionati di musica, in cui spiega il suo “Manifesto della musica corale”.  Per dirlo con le parole di Koral, “Everybody sings”!

Eric Whitacre

Eric Whitacre

Perché hai deciso di diventare un compositore di musica corale?

La prima volta che sono venuto a contatto con la musica corale è stato all’università, quando ho deciso di unirmi ad un coro, mosso principalmente dal desiderio di incontrare ragazze. Volevo essere un artista pop e  non conoscevo molto bene la musica classica. Dal momento in cui l’ho scoperta ha cambiato la mia vita per sempre.

Gran parte del fascino che lo scrivere musica corale, più di ogni altra forma di composizione, esercita su di me,  deriva dalla mia passione per la letteratura e la poesia: sono le parole che mi ispirano. Nella mia testa posso sentire la musica che generano le poesie. Per esempio, se ascolto Dylan Thomas leggere i suoi componimenti, mi sembra come se li stesse effettivamente cantando. Le sfumature che si possono cogliere nella voce umana sono diverse da quelle di qualunque altro strumento: dolore, amore, rabbia, desiderio, umorismo. La voce è un’immensa tavolozza di suoni.

“Un coro è come un piccolo villaggio: è fatto di singole persone, ma il suo insieme risulta molto più grande della sola somma delle sue parti”

Sono attratto anche dalla natura totalmente egualitaria e democratica del coro, dal modo in cui, quando canti in un gruppo, il “sé” sparisce per divenire parte di un tutto più grande. Un coro è come un piccolo villaggio: è fatto di singole persone, ma il suo insieme risulta molto più grande della sola somma delle sue parti.

Pensi che cantare porti dei benefici per la salute?

Cantare fa sicuramente bene. Da un punto di vista scientifico, i benefici riscontrati sulla salute sono ad oggi principalmente legati ad episodi ed esperienze specifici, ma per quello che riguarda la mia esperienza personale è innegabile l’effetto antidepressivo che ha l’armonia, o quanto il fisico tragga giovamento dalle tecniche di respirazione. Senza dimenticare la componente sociale: l’uscire insieme dopo le prove è sicuramente una dei momenti più divertenti e importanti!

Secondo te che cosa attrae maggiormente del cantare in coro?

La religione lo sa da millenni. Prova ad immaginare se si dovesse inventare da zero un nuovo credo: cantare sarebbe il primo elemento preso in considerazione per tenere unite le persone, non credi?

“Credo che ognuno possa e debba cantare se lo vuole”

Credo che ognuno possa e debba cantare se lo desidera. La voce umana è il riflesso della persona ed è proprio per questo che mi rattrista sempre molto sentire di persone che in passato hanno avuto una brutta esperienza perché gli è stato detto che non potevano cantare. E’ come se qualcuno ti dicesse che la tua anima non è giusta. E’ decisamente un’esperienza traumatica.

Quando le persone affermano che sono stonate, non è vero. Esiste una malformazione fisica che implica l’essere stonati, ma è qualcosa che colpisce solo una persona su 10 milioni. Quindi a tutte le persone ferite da chi gli ha detto che non potevano cantare vorrei dire “Provate ancora, unitevi ad un coro”. In un coro non devi essere perfetto, soprattutto se è numeroso, perché nell’insieme gli spigoli si smussano. Ognuno viene aiutato dalle altre persone che gli sono accanto, da cui si può facilmente capire se si sta cantando in maniera intonata o meno. Tramite il semplice ascolto si possono imparare a padroneggiare molti aspetti, tra cui il controllo della voce e del suono.

Che consiglio daresti a chi vuole creare un coro proprio?

A chi vuole creare un coro da zero direi di partire da una canzone che tutti conoscono, qualcosa come “Bohemian Rhapsody“. Un direttore con cui ho lavorato, una volta, durante una convention negli States, è riuscito a far cantare ai partecipanti “Rainbow Connection“, riportandoli a quando avevano 8 anni. E’ riuscito a far crollare le loro barriere, tutti ridevano ed erano spontanei, a loro agio. Una volta superata questa fase, se si vuole aspirare a qualcosa di più ambizioso, direi di scegliere una corale di Bach. Le corali contengono tutto ciò di cui si ha bisogno, sono scritte in modo perfetto e possono essere allo stesso tempo difficili o semplici in base alla necessità. Per attivare nelle persone la passione per il canto corale bastano 10 minuti di una buona lezione e chiunque ne diventerà dipendente a vita. A me è successo così.

Intervista realizzata da Emma Baker

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