Bimbincanto: il canto s’impara da piccoli!
La musica, diceva Schopenhauer, è la vera lingua universale e, come tutte le lingue, si impara da piccoli, anzi piccolissimi. Ed è proprio partendo dallo studio dei processi di apprendimento del linguaggio che Edwin E.Gordon, musicista e scienziato, ha elaborato negli anni ’90 la Music Learning Theory, teoria alla base dei corsi di avviamento alla musica Bimbincanto tenuti dalla giovanissima musicista Elena Costa. Noi di Koral l’abbiamo incontrata per voi.
1) Elena, da dove nasce Bimbincanto?
In casa mia si è sempre suonata tanta musica, è stato quindi naturale per me avvicinarmi agli strumenti. La mia prima foto al pianoforte è di quando avevo 18 mesi: un amore folgorante! Ho iniziato poi i miei studi musicali che si sono conclusi ad ottobre scorso quando ho terminato il conservatorio con il titolo di Dottore in discipline musicali e pianoforte. La passione per la musica è andata di pari passo con l’amore per i bambini, tanto che sono diventata istruttrice di nuoto neonatale. Mi sono sempre chiesta però come poter conciliare le mie due passioni più grandi ed è così che ho trovato, un po’ per caso, Audiation Insititute, un’associazione nata per promuovere il metodo Gordon, che mi ha permesso di formarmi nell’ambito dell’educazione musicale nella primissima infanzia. Dopo un anno e mezzo di studio, cui sono seguiti numerosi tirocini, sono diventata insegnante certificata e ho dato il via ai corsi Bimbincanto per l’avviamento alla musica del bambini da zero a sei anni.
2) In che cosa consiste il metodo?
Come prima cosa ci tengo a sottolineare che l’approccio di Gordon è scientifico, tanto che la formazione degli insegnanti avviene con l’ausilio di neuroscienziati e psichiatri di una certa fama. Inoltre, Audiation Institute, promuove un’attività di ricerca che punta ad aggiornare le teorie di Gordon, formulate negli anni ’90, rispetto alle più recenti scoperte, come ad esempio i neuroni specchio. Questo fa sì che i corsi che propongo non siano una mera attività d’intrattenimento, fatta senza alcuna regola, solo per divertire il bambino, ma rientrino il un quadro ben delineato proprio perché frutto di lunghi anni di studio. La Music Learning Theory di Gordon, descrive i processi per mezzo dei quali l’essere umano apprende la musica, dalla nascita all’età adulta, ipotizzando come tali processi di apprendimento avvengano con modalità analoghe a quelle proprie dell’apprendimento della lingua materna. Nella lingua parlata il bambino inizia ascoltando delle parole che piano piano inizierà ad imitare finché non riuscirà a scrivere e quindi ad avere un suo pensiero sul linguaggio. Gordon ha semplicemente associato questo processo alla conoscenza della musica: inizialmente, come si fa con la lingua madre, si canta in tutti i modi (maggiore e minore) e in tutti i metri, finché il bambino, secondo tempi totalmente soggettivi e non lineari, passa dall’ascolto, all’imitazione, all’assimilazione. Per questo assume un ruolo centrale l’organizzazione sintattica dei suoni che non possono quindi essere casuali, proprio come non si invertirebbe mai in una frase soggetto e complemento. L’incontro fra l’attitudine musicale di ogni singolo individuo e le esperienze di ascolto e interazione musicale, attivano processi sensoriali e psichici, chiamati da Gordon, nell’insieme, di “Audiation“, che permettono la conoscenza e la comprensione, informale, dei suoni organizzati nella sintassi musicale. Occorre ribadire quanto al centro di tutto ci sia il bambino: in questo senso è improprio chiamarlo metodo perché è l’insegnante che segue le reazioni del bimbo in base al suo modo di vivere il momento e al suo stadio evolutivo. E’ importantissimo quindi conoscere ogni piccolo personalmente, instaurarci un rapporto emotivo, fatto di sguardo e di presenza.
3) Lo scopo finale del metodo è far sì che i bimbi, una volta cresciuti, abbiano già delle competenze musicali o, più in generale, di sostenere la crescita psicologico relazionale del bambino?
Gordon ribadisce più volte come il suo scopo non sia che i bimbi da grandi diventino musicisti, ma che sviluppino un’interiorità che solo la musica è in grado di formare, fatta di capacità di ascolto, di capacità di stare. Se infatti da quando si hanno 3 mesi si è abituati a stare in un gruppo in cui si canta a tre voci, non si può poi non saper godere della complessità, dell’ascolto reciproco. Inoltre la musica ha sicuramente un ruolo nel sostegno allo sviluppo motorio (i neuroni collegati al movimento e quelli dell’apprendimento musicale stanno nello stessa area del cervello), cognitivo e affettivo. La musica infatti tira fuori emozioni, tanto che spesso i genitori stessi si commuovono durante le lezioni. Poi certo, un bambino abituato così alla musica, avrà sicuramente una grande facilità da grande a cantare o a comporre, proprio come gli sarà naturale scrivere o parlare.
“Nessuno nasce stonato! Basta imparare ad ascoltare e dimenticare quando ci è stato detto che la musica non era per noi.”
4) Noi di Koral partiamo da un assunto, che nessuno nasce stonato. Qual’è la tua esperienza in merito?
Solo il 2% della popolazione nasce stonato e l’ho toccato con mano più volte, a partire dalle mamme che vengono ai miei corsi con i bimbi più piccoli: in soli sei mesi hanno acquisito una capacità d’ascolto tale che ora sono decisamente più intonate. Inoltre spesso occorre riuscire a dimenticarsi quanto ci è stato detto da piccoli, ovvero che non eravamo capaci, che non era per noi. Ecco, è lo stesso motivo per il quale durante i corsi cerco di impedire che sui bimbi si proietti qualsiasi tipo di pressione o di aspettativa.
5) Perché secondo te, rispetto ad altri paesi europei, in Italia non c’è un’attenzione così diffusa verso l’educazione musicale?
Il problema più grande sono i genitori, lo vedo durante i miei corsi. Le mamme sono tutte prese dal fare, non sanno rilassarsi, ascoltare, soffermarsi! Il canto lega, ti spinge ad indagarti e non tutti sono disposti a fare questo lavoro. Allo stesso tempo, non si può relegare il canto alla doccia, il canto deve essere pieno, un’esperienza a tutto tondo. A livello sociale, conviviamo poi con generazioni di castrati, di persone cui è stato detto che non erano in grado di fare musica e questo è un vero peccato.
6) Ti è mai capitato che qualche bambino grazie alla musica sia riuscito a superare una difficoltà?
Certo! Io insegno pianoforte a bambini dislessici e vedo che non hanno alcun problema a leggere musica, ma anzi, tramite la musica riescono a migliorare il linguaggio parlato. Anche a livello motivazionale e di autostima è di grande aiuto perché questi bimbi, dato che nella lettura musicale vedono che possono essere più veloci degli altri, non si perdono d’animo.
“Avviare un bimbo allo strumento? Attenzione che non sia troppo presto!”
7) Da fare a casa: qualche consiglio su cosa possiamo fare durante la nostra giornata per sostenere il lavoro fatto a lezione?
Gordon suggerisce un canto senza parole, fatto solo di suoni (come “pa” o “ba”) perché così la concentrazione del bimbo rimane solo sull’ascolto, sul suono, e non sul significato o su un oggetto come può essere uno strumento. Quindi suggerisco di cantare, cantare sempre, meglio se senza parole. E di non cantare come sottofondo o relegando il canto ad altre attività (la nanna, l’intrattenimento) ma ritagliano uno spazio di tempo al solo canto. Per quanto riguarda l’avviamento agli strumenti musicali invece, attenzione che non sia troppo presto! Portare un bambino a suonare uno strumento prima che abbia dentro di sé un’idea di musica, lo danneggia. Molti iniziano e poi smettono proprio perché suonare quello strumento diventa qualcosa di meccanico, privo di senso, perché non si è ancora familiarizzato con i suoni, con le note, non si ha quello che Gordon definisce “pensiero musicale”. L’avvicinamento allo strumento è l’ultimo step di un lavoro precedente di ascolto senza il quale suonare non ha senso: è come chiedere di scrivere un tema senza conoscere il significato delle parole.
Un grazie speciale ad Elena per averci dedicato il suo tempo!