Stonati a chi?
Si chiama Maria Teresa Tramontin, da oltre 15 anni è mezzosoprano del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, e dirige, sempre presso LaVerdi, il Coro di Voci Bianche e il cosiddetto Coro degli Stonati, progetto nato 5 anni fa per permettere anche a chi crede di non essere vocalmente dotato di avvicinarsi al mondo del canto. Specializzata con il massimo dei voti e lode in Musicoterapia presso la Scuola di Artiterapie di Lecco, è direttrice anche del il Coro dei detenuti del Reparto dei tossicodipendenti “La nave” nel carcere di San Vittore, di cui racconteremo nel prossimo post. Sintetizzare il suo rapporto con la musica non è facile, perché nasce prestissimo: a 14 anni studia pianoforte, teoria e solfeggio, per poi concentrarsi sul canto lirico e vocalità sotto la guida di Angelo Conti, Sonia Sigurtà e Claudia D’Antoni. La sua carriera cambia con l’ingresso nel Coro de La Verdi, grazie al quale inizierà l’avventura della direzione corale.
Maria Teresa, lei inizia a cantare in coro da piccolissima, durante la scuola, per poi arrivare a fare del canto la sua professione. Cosa ama di più del cantare insieme? Cosa le ha insegnato in tutti questi anni di esperienza?
L’emozione, l’espressione di se stessi quando si canta, la vita in coro. Oliver Sacks, famoso neurologo, parlava di “neurogamia”, ovvero di sposalizio di neuroni, per indicare quanto accade ai sistemi nervosi delle persone che sono coinvolte in un’attività musicale di gruppo. E questo prescinde dalla qualità del suono, perché è legato unicamente a ciò che si prova. Ho iniziato a cantare a 14 anni e quell’emozione me la porto dentro tuttora, non si è mai modificata. L’esperienza aiuta ad avere meno timore del palco, a vincere la timidezza, ma la gioia del cantare insieme non cambia negli anni, o almeno non dovrebbe. Trovo inoltre che l’essere corista aiuti moltissimo anche nell’attività di direttore proprio perché permette di capire in maniera molto più profonda, e quindi efficace, cosa prova chi canta, quali sono i suoi bisogni. Senza questa empatia, si rischia di dar vita ad un canto asettico.
Ed è proprio l’emozione che ci sembra essere la protagonista dell’esperienza del Coro degli Stonati. Com’è nato questo progetto?
Il progetto è nato 5 anni fa da un’idea del Dottor Luigi Corbani, Direttore Generale della Fondazione Orchestra Sinfonica e Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, il quale è da sempre fermamente convinto che non esistano persone stonate. Mi ha proposto di prendere parte alla realizzazione di quest’iniziativa e io ho accettato. Ci è voluto del tempo per capire bene cosa volessimo fare, ma le numerose adesioni ci hanno da subito incoraggiato: solo nel primo anno infatti siamo arrivati a 70 iscritti. Oggi ne abbiamo 180 circa, dai 18 ai 90 anni, suddivisi in ben quattro corsi.
Cosa spinge queste persone ad iscriversi al Corso per stonati?
Le persone che prendono parte al nostro programma sono mosse da un forte desiderio di cantare senza pressioni e giudizi. Seguo personalmente tutti i corsi proprio perché, in qualità di musicoterapista, penso di poterli aiutare a superare i loro scogli emotivi, spesso dovuti ad una scarsa fiducia in se stessi e non solo da un punto di vista vocale. Può infatti capitare che delle perdite, dei traumi, delle malattie, vissute in prima persona o meno, influenzino la stessa capacità di cantare tanto che non ci si riconosce più nella propria voce, che sembra decisamente diversa da quella che si aveva prima di determinati episodi dolorosi. Non occorre nemmeno sottovalutare i danni provocati da un semplice “Tu sei stonato, stai zitto!” detto quando si era piccoli. Cerco quindi di lavorare nel modo il più possibile “gentile” sulla storia di ogni persona, così da aiutarla a tirar fuori, letteralmente, la voce.
“E’ stimato che solo il 5% della popolazione è effettivamente stonato”
Ci sono tanti studi, di cui alcuni molto recenti, che sottolineano come le persone effettivamente stonate siano in realtà una piccolissima percentuale. Che opinione ha lei a riguardo?
E’ stimato che solo il 5% della popolazione è effettivamente stonato e questo, eccezion fatta per chi è affetto da gravi lesioni all’apparato uditivo, è dovuto principalmente a quella che si definisce amusia, patologia dovuta alla cattiva interpretazione del cervello del suono percepito dall’orecchio che quindi genera incapacità di avvertire e riprodurre correttamente quello che si sente. Più in generale invece, le persone che si ritengono stonate, semplicemente non ascoltano con attenzione. Ai miei coristi faccio solitamente questo esempio: se si va a fare una passeggiata in montagna, difficilmente si descriverà ad un amico quello che si è udito, ma piuttosto si parlerà di cosa si è visto, e questo nonostante l’udito viaggi ad una velocità molto maggiore della vista. Quello che manca è l’abitudine all’ascolto e questo si vede ovviamente anche nella musica. Mi capita quindi che il Maestro Cavedon, con cui collaboro, suoni al pianoforte un vocalizzo e che i coristi inizialmente riproducano note diverse. Ad un secondo ascolto però, quando chiedo di prestare massima attenzione, riescono perfettamente a cantare gli stessi suoni emessi dal pianoforte. Se l’esercizio è molto difficile per persone di 50-60 anni, lo è sicuramente di meno per persone più giovani. Il problema potrebbe quindi risolversi promuovendo l’educazione musicale a partire dalla tenera età e purtroppo l’Italia, rispetto a tanti paesi soprattutto del Nord Europa, sotto questo aspetto è decisamente carente.
“Tutti nasciamo intonati, semplicemente col tempo perdiamo l’abitudine all’ascolto.”
Durante questi anni che tipo di giovamento ha notato nelle persone che hanno iniziato a cantare in coro?
Posso affermare con sicurezza che le persone che iniziano questo percorso ne traggono molti benefici, a tutti i livelli. Mi vengono in mente quei coristi che, durante questi 5 anni, hanno affrontato delle malattie anche molto gravi, ma che non hanno mai smesso di cantare e anzi, non vedevano l’ora di farlo proprio per quanto li facesse stare meglio, gli desse conforto e sostegno. Vederli oggi, vinta la malattia, cantare insieme agli altri mi riempie di gioia. Allo stesso modo mi dà grande soddisfazione sapere che alcune persone fortemente insicure hanno passato delle audizioni e sono state prese da altri cori. Notevoli sono i miglioramenti anche in ambito relazionale: in tanti, anche i più silenziosi e timidi, hanno cominciato ad aprirsi agli altri, al coro come al lavoro, e a godere finalmente dello stare insieme. Tutto questo “solo” grazie alla musica!
Un grazie speciale a Maria Teresa Tramontin per il tempo che ci ha dedicato!